Il pane che è tuo nessuno te lo mangia

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Rina e Brunero sono due giovani poco più che adolescenti, vivono in un paese della provincia parmense, lei figlia di contadini, lui figlio-figliastro di un impiegato comunale venuto dal Sud a metà degli anni ’20. Erano i miei genitori. Si incontrano, si conoscono, cominciano a frequentarsi ma presto sarà la guerra a dividerli. Brunero parte volontario per la campagna d’Africa poco prima dei diciotto anni, Rina si trasferisce dalla campagna parmense nella città di Genova dove prima diventa allieva della Croce Rossa e poi infermiera professionale in una nota clinica della città.
Brunero, catturato dagli Alleati in Africa, inizia una lunga prigionia in Inghilterra che si concluderà nel 1946.
Dopo la guerra e la prigionia i due giovani si incontrano ma non sono più quelli di prima, non sono più due ragazzi spensierati ma un uomo e una donna che faticosamente stanno cercando il proprio posto nel mondo ma Brunero lo cerca molto lontano, in Venezuela, dove si reca pieno di speranza nel 1948 seguendo l’ondata migratoria di quegli anni.
Ancora una volta le strade dei due giovani si separano fino a quando dal Venezuela Brunero si ricorda di quell’amore giovanile che gli aveva fatto battere il cuore e prova a cercare Rina facendole pervenire il suo indirizzo. Dal 1951 fino al 1954 inizierà un lungo scambio di lettere tra Genova e Caracas, un vero e proprio romanzo epistolare che porterà i due giovani a riscoprire se stessi e quell’amore interrotto tanti anni prima.
In una giornata piovosa di marzo io e Rina, mia madre novantaseienne, abbiamo aperto la scatola contenente quelle lettere di posta aerea e ci siamo ritrovate dentro una storia appassionante che parlava di sogni, paure, delusioni speranze, progetti, desideri… ma soprattutto di amore, amore promesso, desiderato, sperato, conquistato.

«La memoria collettiva si nutre delle memorie individuali. Una scatola dimenticata nasconde lettere del passato
che svelano un pezzo di storia dell’Italia del ‘900.
Una figlia scopre in quelle lettere l’amore antico
dei genitori che, attraverso di esse,
la prendono per mano
e le chiedono di non dimenticarli»

Pathos Edizioni – Marzo 2022


Alessandra Zaghi è nata a Parma il 7 luglio 1956 ed ha frequentato il liceo classico “Vicenzo Monti” a Cesena, quindi si è iscritta alla facoltà di Filosofia presso l’Università di Bologna dove si è laureata nel 1981.
Successivamente ha conseguito il diploma di Archivistica, Paleografia e Diplomatica presso l’Archivio di Stato di Bologna.
Dal 1982 ha cominciato a svolgere la professione di insegnante prima in Veneto e poi nella provincia di Rimini.
Ha inoltre conseguito il titolo di specializzazione polivalente per insegnante di sostegno presso l’Università di Urbino nel 1990.
Vive a Morciano di Romagna (RN) dove ha svolto la professione di insegnante di lettere alla scuola secondaria di 1° grado fino al 2020, anno del suo pensionamento.

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